IT’S TIME FOR A FASHION REVOLUTION!

FASHION REVOLUTION

#whomademyclothes

Sempre più spesso mi ritrovo a spiegare ad amici, studenti e clienti perché dovrebbero preoccuparsi “di chi produce e di come vengono prodotti i nostri vestiti”.

Avete una vaga idea di quanta acqua viene sprecata per la produzione di un paio di jeans o di una maglietta?, discutevo recentemente con alcuni di amici: circa 10 mila litri d’acqua per un unico paio di jeans e 1.500 litri per una maglietta.

Se si considera che un individuo per sopravvivere in un anno necessità dello stesso quantitativo d’acqua impiegato per produrre la maglietta, 1500 litri, si comprenderà bene come il rapporto tra le due cose sia sbilanciato, assurdo ed insostenibile!

Ma in realtà questo è solo uno dei tantissimi aspetti della questione che bisognerebbe approfondire e sulla quale noi consumatori dovremmo seriamente riflettere.

L’importante necessità di prendere coscienza della realtà dei processi produttivi che si celano dietro la facciata di tantissimi marchi di abbigliamento, sopratutto “fast fashion”, legati allo spreco di risorse, all’inquinamento, alle condizioni di lavoro ed allo sfruttamento umano, è diventata impellente sopratutto dopo il disastro del complesso produttivo Rana Plaza in Bangladesh, il 24 aprile 2013.

In quell’occasione persero la vita nel crollo dell’edificio che ospitava cinque fabbriche tessili, 1134 persone che erano impiegate nella produzione di vestiti anche per le aziende occidentali, mentre 2.500 persone furono tratte in salvo.

Il disastro è avvenuto perché gli standard di sicurezza dell’edificio erano scarsi, i supervisori delle fabbriche dichiararono l’edificio sicuro costringendo i lavori a tornare al lavoro, nonostante gli ispettori avessero invece chiesto l’evacuazione dell’intero palazzo.

A tutti gli effetti il crollo del Rana Palza è uno dei più gravi incidenti mai avvenuto in una fabbrica ed è per questo motivo che è nato il movimento internazionale chiamato “Fashion Revolution”: per sensibilizzare i consumatori, cercare di cambiare le cose e fare in modo che incidenti così devastanti non si verifichino mai più.

La domanda che si pone il movimento della Fashion Revolution e che dovremmo porci tutti noi consumatori è “chi ha fatto i miei vestiti?”.

Non semplice quesito che apre un dibattito etico e morale piuttosto vasto, che pone ai consumatori non pochi problemi di tipo pratico, riguardo la tracciabilità di tutta la filiera produttiva ed il reperimento delle informazioni sui marchi di cui si avvalgono.

Come possiamo contribuire noi consumatori per aiutare il movimento della Fashion Revolution, ad innescare un cambiamento reale nel processo produttivo dei nostri vestiti?     

Ho girato la domando a Marina Spadafora leader del gruppo italiano del movimento, qui trovate la pagina facebook, che seguo con molto interesse da circa un anno.

Ogni passaggio è spiegato in maniera molto chiara sul sito della Fashion Revolution, che indica 3 accorgimenti di tipo pratico da seguire, utili a questo scopo: Be Corious, è importante diventare più curiosi ed interessati al modo in cui i nostri vestiti vengono prodotti; Find Out, cercare di entrare in contatto con i marchi, scoprire e chiedere in maniera diretta “chi ha fatto i miei vestiti”; Do Something, partecipare al movimento della Fashion Revolution, sostenerlo in tanti e da tutto il mondo è il modo migliore per ispirare il cambiamento.    

Attualmente il movimento è presente in 83 paesi nel mondo e sono in tanti a sostenere la campagna di sensibilizzazione promossa anche da stampa e social media, che prevede tra le tante attività anche l’organizzazione di eventi mirati a spiegare il concetto “di moda etica e sostenibilità”, con l’intento di creare una consapevolezza dell’acquisto sostenibile.

A questo scopo lunedì 18 aprile in Piazza San Fedele 1/3 a Milano alle ore 18.00, si terrà un importante evento che prevede la performance di Tiziana Di Masi, che spesso ha affrontato nei suoi spettacoli i temi sociali e per Fashion Revolution parlerà di moda etica.

Un evento da non perdere se desiderate saperne di più, comprendere, porre domande in virtù di un momento di conoscenza e di riflessione sulla necessità di contribuire a fare la differenza, in memoria di tutte le persone che hanno perso la vita a Rana Plaza e di tutti coloro che continuano ancora a lavorare in condizioni disagiate per produrre i nostri vestiti, affinché tutto questo molto presto possa cambiare.

Perciò, Be Corious, Find Out, Do Something..