Se nel corso degli anni avessi sempre seguito alla lettera la regola che stabilisce che nel riordinare il contenuto del guardaroba è necessario innanzitutto liberarsi delle cose che non servono, adesso non disporrei delle mie preziose scorte.
Lo dice anche Marie Kondo nel suo libro, Il magico potere del riordino, un vero fenomeno letterario discusso e discutibile per alcuni me compresa, che “quando riordinate dovete innanzitutto liberarvi delle cose che non vi servono”.
E’ vero ma in parte è qui arrivo al punto cruciale della mia riflessione: come faccio a stabilire con assoluta certezza che quella gonna, ad esempio, ancora in ottimo stato e che ancora mi sta alla perfezione un bel giorno io non l’ha rimpiangerò?
Se da due anni non la indosso allora non mi serve e quindi dovrei saggiamente eliminarla per far posto al nuovo che verrà (?).
Escludendo dalla mia riflessione tutti i capi che sono fuori taglia perché troppo grandi o troppo piccoli, o che sono troppo rovinati oppure del tutto fuori tempo massimo, per i quali ci sono fondati motivi per ritenere di doverli eliminare sul serio; tutto ciò che resta merita un’approfondita valutazione.
Lo dico per esperienza diretta, se avessi sempre dato via tutto anche ciò che di buono è rimasto depositato ed inutilizzato per qualche tempo in fondo all’armadio, in preda al fervore del riordino, ad un attacco di “mariekondonite”, adesso non potrei godere del puro divertimento della rimessa in gioco.
Quella giacca in velluto a coste color cioccolato slim fit acquistata in saldo anni fa, ha improvvisamente ripreso ad aver un senso questa primavera indossata con un paio di jeans in denim scuro a zampa e il mocassino con tacco grosso e morsetti dorati.
La gonna a pieghe di media lunghezza grigio melange che per anni ho osservato di sottecchi appesa per benino nell’armadio, è riemersa un bel giorno quasi per gioco accostata alla camicia candita col fiocchettone, allo stivalone alto e al basco giallo lime.
Quel gilet in canvas di Romeo Gigli acquistato al mercatino anni fa senza pensarci troppo, improponibile per anni quest’anno sta d’incanto, non chiedetemi perché, sopra la camicia a bastonetto bianca e azzurra.
Si può vivere di minimalismo certo, il riordino fisico, come insegna la Kondo è un rito che produce incommensurabili vantaggi spirituali: aumenta la fiducia in sé stessi, libera la mente, solleva dall’attaccamento al passato, valorizza le cose preziose, induce a fare meno acquisti inutili (cit. dal libro), ma dopo qualche tempo una come me si annoia.
Ho provato a vivere per due interi mesi di minimalismo ( leggi qui ) è stato molto utile, mi sono disintossicata e ho accertato che è possibile organizzarsi l’esistenza possedendo poche cose, quelle che servono.
Ma il senso delle cose che “non servono” e di cui si può fare a meno è un concetto strettamente personale.
Ciò che per qualcuno è un’inutile accumulo di cose, per qualcun’altro è un’affascinante archivio di capi di abbigliamento, quelli giusti, da utilizzare, riutilizzare, rimescolare e riproporre sopratutto durante i periodi in cui, per un motivo o l’altro, lo shopping scarseggia ma la voglia di novità riecheggia nell’aria primaverile.
Perciò, il mio suggerimento è di considerare molto attentamente i capi di cui sbarazzarvi tenendo conto di quei pezzi che posseggono ciò che io chiamo “l’estetica di ritorno”, nel senso che prima o poi la moda ve li ripropone.
Si tratta di quei capi d’abbigliamento che diversamente dai fondamentali notoriamente trasversali e fluidi, da quelli basic che hanno il potere di sdoganare ed alleggerire l’effetto di pezzi più impegnativi, posseggono, invece, una forte connotazione estetica e uno stile molto ben definito espressione dello “zeitgeist” del periodo e del luogo di appartenenza.
Qualche esempio: una giacca militare, un giubbotto in pelle, una gonna con le pieghe di media lunghezza, un pantalone con le pence, una camicia a quadrettoni, una giacca di velluto a coste, un abito in stile impero, una blusa con maniche a palloncino, un gilet folk, una polo, un baschetto, una maglia in crochet, ecc..
Se possedete qualcuno di questi capi che vi sta ancora bene sbarazzarvene potrebbe essere un errore sopratutto se sono ancora in ottime condizioni e se sono stati acquistati negli anni in cui non sentivamo ancora parlare di globalizzazione, di dislocazione della produzione, di moda fast fashion e di marchi low cost.
Questo li fa schizzare in cima alla classifica dei capi di buona qualità probabilmente “Made in Italy”, facilmente riproponibili nel vostro stile quotidiano e da mixare con gusto ai capi più contemporanei che possedete.
Essi costituiscono una parte importante del guardaroba insieme ai capi fondamentali e a quelli basic: sono le vostre scorte di guardaroba affidabili e durature.
Io ci penserei due volte a darli via in preda ad un attacco di mariekondonite, potreste presto pentirvene!