Che la moda oggi abbia bisogno di ripensarsi per affrontare nuove sfide questo è un fatto e in questo suo continuo ripensamento in cerca “del nuovo”, l’upcycling sembra affermarsi come una delle pratiche più interessanti per la creazione di pezzi davvero unici.
Nulla si crea nulla si distrugge tutto si trasforma sosteneva lo scienziato e filosofo francese Lavoisier già nel ‘700, affermando un postulato di estrema modernità che nei secoli ha incontrato molte conferme nella nostra più comune quotidianità.
Il riutilizzo creativo dei materiali di scarto è una pratica sempre più diffusa e poco cambia se nell’accezione più contemporanea e modaiola viene definita upcycling, comunque il senso non cambia.
Riciclare materiali di scarto non equivale ad un processo di distruzione del vecchio per generare il nuovo, si tratta piuttosto di una nuova forma di progettazione caratteristica dell’età ibrida che stiamo vivendo: recuperare scarti potenziali e riassemblarli fa nascere un oggetto nuovo e unico.
L’idea di trasformare ciò che ha già avuto un precedente utilizzo per renderlo nuovo è insieme affascinante e molto utile, ed è anche l’obiettivo che si sono posti i ragazzi di Queever quando hanno creato le loro QBags.
Queever è nato a Torino nel 2007 come spazio di aggregazione della comunità LGBTQI ma aperto tutti e da anni si impegna a contrastare i pregiudizi di genere diffondendo la cultura dell’inclusività e dell’accettazione, attraverso la condivisione di eventi e manifestazioni legati alle tematiche delle pari opportunità.
Negli anni sono state realizzate alcune tra le campagne di sensibilizzazione più incisive e importanti a sostegno del riconoscimento dei diritti della comunità LGBTQI , messe in campo a livello locale ma anche nazionale.
Come la campagna “Frendly Piemonte. Omofobia no grazie”, oppure “Vorrei ma non posso”, dedicata alla tematica del matrimonio egualitario.
Coniugare divertimento, impegno sociale e creatività veicola un messaggio denso di modernità e innovazione, esempio di come le sottoculture generano correnti stiliste, influenzano pensieri, stili di vita e innescano cambiamenti sociali.
Nulla si crea nulla si distrugge tutto si trasforma, è così che il pvc degli allestimenti dismessi degli eventi delle stagioni passate viene recuperato, riassemblato e ricucito per dar vita alle QBags “Made by Queever”.
Gym Travel, per la palestra e i weekend fuori porta, Big Messanger, per scuola e lavoro, Small Messanger, dedicata alla quotidianità, Shopper, capiente per gli acquisti e Tablet, la custodia smart del vostro iPad.
Ben 12 collezioni artigianali la cui produzione locale e sostenibile è ispirata ai temi degli eventi passati come Steam Punk, Union Jack, Pride nata per celebrare l’orgoglio gay.
Inoltre, ricordiamo le tre collezioni disegnate da Mattia Surrozz ideatore di una serie di iconiche e divertenti Pin Up dal mood Bear.
A queste collezioni negli ultimi mesi si e aggiunta con successo una collezioni prodotta con materiali nuovi sempre ecofrendly, artigianali e sostenibili.
La linea Lumberjack con la classica stampa tartan tanto cara a Vivienne Westwood.
Le QBag sono disponibili direttamente sul sito qbags.it e da poche settimane anche su Amazone.
Inoltre, molto presto troverete un allestimento dedicato alle QBag anche in città, presso il Teatro BellArte in via Bellardi a Torino.
Quando dico che subisco il fascino della moda intendo dire che le riconosco un enorme potenziale, ossia di essere soprattutto uno strumento di modernità in grado di favorire il cambiamento.
La moda dialoga con altre discipline, opera in ambiti differenti, crea connessioni e costruisce relazioni e lo fa da sempre.
Ecco che un abito o un oggetto possono essere molto più di quello che semplicemente ti porti addosso.
Possono esprimere un messaggio di autentica modernità e possono ricondurre a tematiche e riportare ad interessi che ci stanno a cuore.
Come, esprimere l’impegno personale e il desiderio di vivere in un mondo migliore dove non si spreca e non si inquina, e dove i rifiuti diventano una risorsa per creare oggetti unici e di pregevole fattura.
Ancora, esprimere di voler costruire una società finalmente in grado di comprende che la perfezione, se esiste davvero, è fatta di infinite e meravigliose imperfezioni dove ognuno può essere semplicemente se stesso.