FASCINO E BELLEZZA DELLA DECADENZA

Vogue Spain 2010: uno dei tanti servizi fotografici ispirati negli anni dai bizzarri look di Little Edith

Se c’è una forma di fascino e di bellezza nei tentacoli della solitudine e del degrado lo svela una storia vera accaduta nell’america degli anni ’70, giunta fino ai nostri giorni e in scena sabato 14 e domenica 15 gennaio al Teatro Gobetti di Torino.

Una vicenda densa di contraddizioni che ha scandalizzato e allo stesso tempo conquistato i cuori di tantissimi americani, generando schiere di fan e di curiosi, appassionati autori e artisti che ad essa si sono ispirati per anni e ancora oggi si ispirano con genuina intensità.

E’ la storia di due donne, Edith Bouvier Beale e sua madre Edith Ewing Bouvier note come le due Edith, rispettivamente zia e cugina di primo grado di Jacqueline Bouvier Kennedy, ricche esponenti dell’aristocrazia newyorchese cadute in rovina e volontariamente isolate dal mondo tra le mura domestiche di una residenza negli Hampton.

La vicenda delle due Edith che vivono da anni una comune solitudine nella residenza chiamata Gray Gardens in totale stato di degrado: l’edificio era in rovina, mancava acqua corrente e riscaldamento, le stanze erano letteralmente sommerse dai rifiuti e dagli escrementi dei gatti, conquista l’attenzione del pubblico quando due noti registi decidono di girare un documentario.

Il documentario intitolato proprio Gray Gardens, come la residenza, girato senza una sceneggiatura, è considerato un capolavoro del direct cinema nordamericano e offre un ritratto intenso e stupefacente della figura di due donne stravaganti.

Dal documentario è tratto l’adattamento teatrale di Elena Serra e Chiara Cardea che pone l’attenzione e si concentra soprattutto sul rapporto tra le due Edith, sullo sfondo di una quotidianità che si snoda tra momenti di armonia e recriminazione.

Ciò che ne emerge è la rappresentazione di un legame contraddittorio e misterioso tra madre e figlia, che si trascinano con dignità tra la precarietà del presente e i ricordi di un passato fatto di occasioni mancate.

La storia delle due Edith è affascinante, intensa e inquietante allo stesso tempo.

Ci si immedesima inevitabilmente nella loro condizione forse alla ricerca di risposte delle quali in realtà non vi è traccia.

Colpiscono il senso di fragilità e di abbandono che si celano sullo sfondo di una narrazione in cui l’esercizio quotidiano della creatività, “inventarsi la giornata”, costituisce  probabilmente una forza vitale.

Mi riferisco soprattutto all’eclettismo che Little Edith, è così che viene soprannominata la figlia, mette in scena nei suoi look bizzarri fatti di vecchi abiti ed accessori che vengono reiterpretati in maniera creativa, suscitando stupore, curiosità ed interesse.

Così, ciò che per Little Edith era la spontanea rappresentazione di se stessa diviene per il pubblico fonte di inspirazione e di innovazione: la capacità di osservare le cose, gli oggetti, gli abiti e la vita in generale da un’altra angolazione.

C’è del fascino e della bellezza in tutto ciò e in fondo non serve cercare risposte al perché la vita ad un certo punto prende una strana piega.

Non mancate allo spettacolo EDITH, in scena sabato 14 e domenica 15 gennaio al Teatro Goberti di Torino. Qui trovate tutte le informazioni necessarie per riservare un posto.